PROGETTAZIONE COLLABORATIVA

San Gottardo book-crossing

2023 | Workshop | LSOA Buridda, Greenova | Genova



Introduzione

28, 29, 30 Aprile – Genova

Il parassita è un “organismo che vive per un tempo più o meno lungo a spese di un altro organismo vivente in una condizione di simbiosi disarmonica dalla quale P. trae un beneficio alterando la biologia dell’ospite e arrivando in alcuni casi anche ad ucciderlo.”

L’iniziativa di Genova è stata pensata a partire dalla condizione di ‘simbiosi disarmonica’ tra i cittadini che – come noi – risentono della degenerazione in atto che stanno subendo le città contemporanee, e le stesse città, quali corpi estranei ma dei quali si è parte e di cui vogliamo alterare la biologia a favore di nuove pratiche di vita e di nuove forme di relazione e socialità. Nella comunicazione dell’iniziativa scrivevamo appunto che:

“Siamo pronti a parassitare lo ! Come agenti estranei ed antagonistici, sfrutteremo le e lo spazio infra-ordinario della città per favorire una progettazione collaborativa, finalizzata a immaginare e costruire alternative d’uso e significazione dei luoghi. Ci poniamo così in aperta contrapposizione rispetto alla contemporaneità metropolitana e alla propria inerzia. Contro la Città che avanza per crudeltà e ingiustizia, e che procede a grandi falcate verso il proprio triste tracollo, costruendo nient’altro che l’abisso dove precipitare. Zecche are back in town!”

Zecche are back in town!

Sono infatti le pratiche di conflitto e di ridiscussione del Reale, la rivendicazione di modi diversi di vivere le città e l’aspirazione ad una socialità scevra da logiche di mercato, le cause che ci rendono ‘ospiti indesiderati della metropoli’, così come la conosciamo. L’idea di nasce dalla volontà di alterare la biologia urbana, sfruttandone le porosità, i suoi spazi residuali e i suoi elementi di risulta, ovvero ciò che la metropoli stessa è portata a considerare scarto. Questo tipo di azione è finalizzata a produrre integrazioni e conversioni di spazi e di elementi appartenenti allo spazio pubblico, così da poter attivare nuove funzioni, produrre nuove occasioni e tracciare nuovi immaginari. 

L’idea di ‘parassitismo urbano’ che abbiamo provato a promuovere e trasmettere si trova nell’intersezione di alcune sfere progettuali esistenti e che in qualche modo abbiamo provato a emulare e ibridare. C’è la cultura making e della costruzione DIY, resa possibile in questo caso grazie agli ambienti sorprendentemente dotati del FabLab del Buridda, che hanno reso possibile la realizzazione delle strutture, delle dime e degli elementi di comunicazione visuale dell’intervento. Convergono nell’idea di parassitismo anche la cultura Haking, ovvero la modifica e l’alterazione degli ambienti; l’urbanistica tattica, in quanto gli interventi costituiscono azioni prototipali, suscettibili di modifica o potenziamento sulla base della valutazione di efficacia del progetto; e infine la disciplina – se così può essere definita – del Critical Design, che permette di suscitare attraverso progetti che agiscono sul piano simbolico e comunicativo, riflessioni che vanno ben oltre la cornice di senso e l’impatto del progetto stesso.

Parassitismo come antagonismo propositivo

L’idea di ‘Parassitismo urbano’ si sviluppa anche a partire dalla lettura ed un relativo tentativo di attualizzazione del pensiero di Lefebvre. Se il diritto alla città è infatti descritto dall’autore non come un semplice diritto ad una vita urbana, ma bensì come “forma superiore dei diritti, come diritto alla libertà, all’individualizzazione e alla socializzazione, all’habitat e all’abitare. Il diritto all’opera (all’attività partecipante) e il diritto alla fruizione (ben diverso dal diritto alla proprietà) sono impliciti al diritto alla città”, allora la pratica del parassitismo, lavorando sulle incongruenze e le contraddizioni della metropoli, è uno dei molti modi per innescare e suscitare questa pretesa rivendicativa. Proprio Anna Casaglia, nella prefazione all’edizione italiana de ‘Il diritto alla città’, ci dice che “Il diritto alla città passa per la rottura del dispositivo della consuetudine, del quotidiano, della routine come elemento di controllo e omologazione”. L’urban parasitism tende proprio a questo, ovvero a decostruire immaginari dati e sovvertire la percezione dello spazio pubblico, innescando consapevolezza e nuove pretese da perseguire e conquistare. Si tratta di azioni conflittuali – o meglio, a conflittualità simbolica – poiché è il ‘diritto alla città’ che ha bisogno di ricorrere alla pratica del conflitto, dal momento che solo il conflitto è in grado di far emergere la natura condizionale del Reale, ed operare in direzione di trasformazioni radicali. In questo senso il Progetto incarna la responsabilità di agire e produrre trasformazioni migliorative a partire da una condizione data. Il progetto giusto è tale se conflittuale, ovvero se è in grado di ridiscutere scenari e immaginari così come siamo abituati a concepirli.